Qualunquismo. Una storia politica e culturale dell’uomo qualunque

Qualunquismo (una storia politica e culturale dell’uomo qualunque) è il titolo dell’ultimo libro di Maurizio Cocco, giovane e brillante intellettuale cagliaritano che riprende in questo volume la sua tesi di dottorato in Storia moderna e contemporanea. 

Il libro analizza l’evoluzione del movimento politico-culturale de “L’Uomo qualunque”: settimanale satirico intorno al quale si aggrega un movimento di protesta che darà vita a un partito politico, capace di eleggere 30 rappresentanti all’Assemblea costituente prima di venire fagocitato dalla Dc, in seguito alle elezioni del 1948. 

Fondatore del movimento è Guglielmo Giannini, autore teatrale di successo durante il ventennio che, subito dopo la caduta del fascismo propone una lettura del regime – non totalitario ma tollerante e tollerato, al quale le masse piccolo borghesi aderirono senza entusiasmo ma con passività, una sorta d’incidente di percorso nella storia di un popolo che vuole soltanto la libertà di farsi gli affari propri – in buona sostanza arrivata ai giorni nostri.

Questa rapidissima sintesi è sufficiente a far emergere l’attualità degli argomenti trattati nel volume. Tra gli altri: la politica-spettacolo, la controversa visione dell’esperienza fascista o lo scarso patriottismo dell’italiano medio. 

A tutto questo, il libro di Maurizio Cocco aggiunge la possibilità di andare alla ricerca di quello che, applicando il metodo scientifico Aristotelico, si può definire come principio primo della Storia: l’intreccio, più o meno consapevole, di vicende private e sentimenti collettivi. 

Ci si può infatti chiedere quanto abbia influito la morte in guerra del figlio Mario – episodio riportato non a caso nella prima pagina del libro – sulla decisione di Giannini di dedicarsi alla politica e sui temi centrali del suo impegno. 

Nella sua feroce critica ai politici di professione, indicati senza distinzione come responsabili del conflitto mondiale, prevale il desiderio di evitare il ripetersi della tragedia bellica o il rancore di chi vede salire al potere i coetanei del figlio perduto? Il desiderio di affidare il Paese a notabili d’epoca liberale, come Orlando, Nitti e Bonomi (p. 79), lascia propendere per la seconda ipotesi. 

Allo stesso modo, nella narrazione di un’Italia che ha sopportato il fascismo perché qualcuno doveva pur comandare e, di conseguenza, finito il regime vuole solo dimenticarlo perdonando chi vi ha aderito, quanto può aver influito il desiderio di un padre fascista di auto-assolversi, di rifiutare ogni responsabilità per la guerra che gli ha portato via il figlio (nonché il padre, impossibilitato a trovare delle cure nella Roma del ’43)?

Vicende personali che si traducono in temi politici, i quali trovano terreno fertile in una classe media che aveva “provato” il fascismo in attesa di vedere come sarebbe andata a finire e che, a differenza di quella operaia, non aveva più una rivoluzione da realizzare. 

Si spiega principalmente in questo modo l’effimero successo politico di Giannini, descritto con dovizia di dati e particolari nella seconda parte del volume. Volume nel quale gli storici, e non soltanto loro, possono trovare i dati necessari a ricostruire la vicenda di un movimento la cui importanza va ben oltre il buon risultato elettorale del ’46. Quando si parla dell’Uomo qualunque si parla, infatti, anche e soprattutto dell’impossibilità di estirpare l’esperienza fascista dalla biografia di una nazione. Biografia che questo libro aiuta a scrivere.