Netflix si conferma in stato di grazia. Dopo i successi estivi di Stranger Things e Narcos – senza dimenticare l’esilarante Haters back off – la rete statunitense offre un gioiello autunnale di altissimo livello come The Crown. La serie racconta i primi anni del regno di Elisabetta concentrandosi sulla descrizione del peso esercitato dalla Corona su una giovane coppia – sarebbe interessante conoscere le reazioni della Regina e del principe Filippo – e mostrando quanto possa essere difficile la vita nella Royal family.
Detto così il tutto sembra già abbondantemente sviscerato e ormai banale. Il vero punto di forza del prodotto Netflix consiste però nel rendere evidente in che modo la vita della sovrana si sia differenziata da quella dei suoi amici e parenti, i quali vivono in palazzi ugualmente sontuosi (ricostruiti in maniera egregia) che possono però abbandonare quando vogliono: per prendersi una vacanza che a lei non è più concessa, dal momento in cui smette di essere una donna per diventare una dea. Non può pertanto sorprendere il costante desiderio di sfuggire a questo destino (un altro tema sul quale si concentra la narrazione), o perlomeno di non doverlo affrontare troppo presto.
La serie mostra anche la Londra prima dei Beatles, e come una società basata su tradizione e rispetto – con i suoi pregi e difetti – si avvii a diventare una società di massa, con altrettanti pregi e difetti. Non resta che sperare che questo prodotto – come gli altri citati in precedenza – arrivi il prima possibile alle reti generaliste. É infatti deprimente constatare come chi non può permettersi Netflix – o non ha abbastanza dimestichezza informatica da poterne usufruire a scrocca – sia condannato – per mancanza di alternative – a vedere il Segreto. Amara constatazione alla quale si aggiunge un interrogativo: la società degli anni 50 era più o meno democratica rispetto a quella odierna?