Azzurro senza Limiti 

Marco Cesaracciu per MenoZero

Avevo Bob Dylan Greatest Hits in cassetta C90, i miei amici lo sanno. Ma è solo dopo qualche anno che mi capitò il disco della linea economica Orizzonte, quello con la copertina azzurra. Colore che mi sembrò degno del disco, come anche la foto di Bob. Penso di aver letto le righe sul retro copertina ma non memorizzai il nome di chi le aveva scritte, non lo conoscevo, ero un ragazzino.

Qualche decennio dopo, in una trasmissione pomeridiana per anziani il conduttore con la capigliatura laccata parlava con uno strano cane finto. Era già entrata nell’uso comune la categoria del Trash in televisione. Penso di averli visti diverse volte su Blob, lui e il cane. Il nome del conduttore era Paolo Limiti e il disco con la copertina azzurra non lo avevo più da anni.

Quando per caso lo ritrovai, lo girai come si faceva con le copertine degli LP, anche quelle delle linee economiche, e lessi quelle note che mi parvero bellissime, degne di Bob, come il colore azzurro e la foto, e degne del mio amore per lui.

Lessi il nome di chi le aveva scritte e rividi immediatamente la sua capigliatura laccata, il cane finto, gli anziani in studio, il Trash, Blob e la rivoluzione che non c’era stata.
A volte si capiscono cose importanti leggendo libri ed ascoltando persone, quella volta ne capii molte collegando un cane finto, una pettinatura laccata e Bob Dylan.
Grazie signor Limiti, anche Lei è un po’ come noi, un po’ come Bob.
E grazie anche per queste parole…
“Appena ho avuto in mano la copia-campione di questo disco, mi è venuta subito la tentazione di riporlo in biblioteca tra un libro di Faulkner e uno di Hemingway. Intendiamoci, conosco perfettamente il senso delle proporzioni, ma il fatto è che il signor Robert Zimmerman di Duluth (Minnesota) è considerato un vero poeta non solo dagli specialisti di musica, ma anche dai critici di altro orientamento. Il fatto di accostarlo a due nomi così prestigiosi della letteratura non è (scusate) mio, ma una dichiarazione ufficiale del più importante e serio quotidiano degli Stati Uniti. Che poi nello stesso anno (il 1965), il signor Dylan si sia trovato in testa alle classifiche della popolarità, in un’inchiesta svolta nelle università, e che il risultato lo abbia messo giusto giusto a metà tra John F. Kennedy e Fidel Castro, è una prova in più di come la sua arte abbia influenzato la società. Una società che lui ha aggredito, discusso, messo in guardia e sezionato con la forza di una giovinezza intelligente e dalla vista tanto lunga come non si sarebbe mai immaginato.

Questa prima raccolta di straordinarie canzoni (cui ne fa seguito una seconda) comincia subito a chiarire perché Bob Dylan fa parte di quella “schiera pazza di eroi” che non ha paura di dire la verità. Anzi, Bob canta proprio dell’uomo lento di adesso che sarà il più veloce domani” o del “tuo esercito con le mani vuote che ritorna in patria” o dell’uomo che non sarà amante per la tua vita e nient’altro di più”. Bob è con loro, con quelli che non hanno che la verità da offrire e che fanno parte delle cose che succedono e stanno succedendo sia nella vita, sia nella mente della gente. Lui stesso ha dichiarato: “La maniera in cui mi piace scrivere è come cammino e come parlo…” E se l’inizio della sua carriera (ma non è neanche giusto chiamarla tale, perché è solo un’espressione artistica) lo vede decisamente orientato verso la vita folk e i suoi protagonisti, non appena i suoi orizzonti e le sue esperienze si allargano Bob sente il bisogno di collettivizzare i sentimenti di “rabbia e di solitudine” che gli resteranno addosso come simbolo per molti anni. Il passaggio dal folk al rock non avviene comunque in sordina: c’è il clamoroso incidente al festival di Newport dove il fatto di non vederlo solo con la sua vecchia chitarra spenta, ma con un gruppo rock e quella elettrica, spinge i giovani a contestarlo. Ma già a Forrest Hills, poco tempo dopo, la maggioranza è dalla sua. Come Woody Guthrie ha influenzato i suoi inizi, sono nomi come Chuck Berry e Buddy Holly che lo attirano verso il rock: alla semplicità chiusa dei primi passi, si sostituisce l’esigenza di allargare il suo dolore senza l’obbligo di dover rispettare immagini troppo logiche e oleografiche. E’ il momento di lasciare libera la fantasia e lasciarsi andare alle sensazioni e alle visioni; è il momento di colpire ancora più a fondo l’animo umano con allusioni ancora più drammatiche e violente. Basta con le regole, l’importante è capire. E tra i titoli di questo primo volume ce n’è abbastanza per dieci mondi. degli altri cento mondi di Bob Dylan (e nostri!) parleremo ancora”.

Paolo Limiti